domenica 27 aprile 2014

Yom Hashoah Ve-Hagvura



Il nome completo del giorno che commemora le vittime ebree delle persecuzione nazifasciste é “Yom Hashoah Ve-Hagvura”, letteralmente “Giorno (del ricordo) della Shoà e dell’eroismo”.
Il termine ebraico Shoà si traduce con “disastro, tragedia, distruzione”.
È invece respinto il termine “Olocausto” che ha un’accezione religioso-sacrificale ritenuta  (e a mio avviso giustamente) non adatta.

La Knesset - il Parlamento israeliano- durante la seduta del 12 aprile 1951 scelse la data del 27 di Nissan come giorno dedicato alla celebrazione ed al ricordo di questo evento.
Esso cade una settimana dopo la fine della festa di Pesach e una settimana prima di Yom Hazikaron – in memoria dei soldati di Israele caduti in guerra .
Quest’ ultima ricorrenza è immediatamente seguita da Yom Haazmauth – festa dell’Indipendenza dello Stato d’Israele –
Il 27 di Nissan è il giorno (18 aprile 1943) in cui iniziò l’eroica rivolta degli ebrei confinati nel Ghetto di Varsavia.
 
Yom HaShoah in Israele
La giornata inizia in modo straziante. Di mattina una sirena percorre tutto il paese e per due minuti tutto si ferma. Autobus,macchine, chi cammina si ferma di colpo. 
Immobili, quasi sull'attenti, ognuno ricorda il passato con la sua immensa tragedia. 
Tutto il giorno è dedicato alla memoria di chi è scomparso nella Shoah. 
Nomi dei defunti vengono pronunciati uno dopo l'altro dai discendenti dei sopravvissuti nelle scuole, nei musei, nei luoghi pubblici. Israele ricorda e piange. (…) 
Ricordare perchè non accada mai più.
(Fonte: Informazione corretta).

Memoriale della Shoah a Parigi 
In occasione di Yom HaShoah, per il quarto anno consecutivo, viene effettuata la lettura dei nomi dei deportati ebrei di Francia davanti al Muro dei Nomi (76000 nomi).Nel corso di una lettura pubblica senza interruzione durante 24 ore saranno pronunciati, uno a uno, i nomi di ogni uomo, donna, bambino deportato.
Circa 200 persone, ex deportati, parenti, volontari, bambini, e altri leggeranno uno dopo l’altro, a partire dalle liste pubblicate nel Livre Memorial de la Déportation di Serge Klarsfeld, i nomi di “quelli di cui rimane soltanto il nome” (Simone Veil).

Qualcuno potrà, dando una scorsa superficiale, sostenere che vi siano due giornate a ricordo della Shoa, essendo noi italiani abituati a ricordarla il 27 gennaio.
Ma è così? No, non è ffatto così.
Il Giorno della Memoria è una ricorrenza internazionale (e non israeliana, nè ebraica) celebrata il 27 gennaio di ogni anno come giornata in commemorazione delle vittime dell'Olocausto
La Giornata è stata istituita con risoluzione 60/7 nel 2005  dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite . Venne scelto il 27 gennaio poichè n quel giorno, nel 1945, le truppe sovietiche liberrno il campo di  Auschwitz.
La Legge che stabilisce il “Giorno della Memoria” per l'Italia è di alcuni anni precedente ed è la Legge 20 luglio 2000, n. 211, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 177 del 31 luglio 2000 nella quale si legge:
“Istituzione del “Giorno della Memoria” in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti"
Potremmo dire che il 27gennaio rappresenta la presa di coscienza del mondo,   mentre lo Yom HaShoa è un ricordo piu' intimistico, uno sguardo, un ricordo, un non dimenticare dall'interno.
Il 27 gennaio è la memoria dal di fuori.
Il 27 gennaio non è il  Giorno memoriale ebraico; esso è il giorno nel quale le Istituzioni governative, accademiche, scolastiche, ecc. commemorano e riflettono.

Il Giorno della Memoria del popolo ebraico (in Israele come nella Diaspora) cade il 27 Nissàn (marzo–aprile)  
Importante anche la scelta del giorno. Il mondo, le istituzioni, optano per  la liberazione di uno dei (tanti) campi di sterminio. Israele no. Israele sceglie la rivolta del ghetto di Varsavia, sceglie l'azione a dimostrazione che non si trattò di "olocausto" sacrificale a non si sa chi, ma fu una "tragedia", un terribile momento per il popolo ebraico che pur tuttavia osò, seppur in condizioni disperate, ribellarsi, dire di "no", combattere per la propria sopravvivenza.
 La Tribuna della Libertà, un foglio clandestino polacco, il 15 maggio 1943, quando le lotte nel ghetto non erano ancora spente del tutto, scriveva: “Le lotte del ghetto hanno un enorme significato politico, esse sono il più grande atto di resistenza organizzata nei paesi oppressi. Gli ebrei, ancora poco tempo fa così rassegnati, hanno opposto una resistenza che merita loro l’ammirazione e il plauso del paese e del mondo”.
La rivolta principale cominciò il 19 aprile 1943 fino al 16 maggio di quell'anno e fu infine sedata dall'allora Brigadeführer (diventato in seguito SS-Gruppenführer) Jürgen Stroop. La rivolta principale fu anticipata il 18 gennaio 1943 da un'azione civile armata contro i tedeschi.
 Il 18 gennaio 1943 si verificò il primo caso dell'insurrezione armata, quando i tedeschi iniziarono una seconda ondata di deportazione degli ebrei a seguito di un ordine impartito da Heinrich Himmler, comandante delle SS, che ordinava la deportazione di circa 24.000 ebrei. Gli ebrei insorti realizzarono un successo considerevole, impedendo la realizzazione dell'ordine: solo 650 ebrei vennero deportati. Dopo quattro giorni di combattimenti le unità tedesche uscirono dal ghetto e le organizzazioni insorte ŻOB e ŻZW presero il controllo del ghetto, costruendo dozzine di posti di combattimento e operando contro i collaborazionisti ebraici.

Himmler, contrariato per l'inaspettata resistenza scrisse, il 1º febbraio 1943, al comandante delle SS e della polizia per il Governatorato Generale, Krüger ordinandogli: «Per ragioni di sicurezza Le ordino di distruggere il ghetto di Varsavia dopo aver trasferito da là il campo di concentramento».
L'ordine prevedeva inoltre la salvaguardia di tutte le installazioni produttive all'interno del ghetto che avrebbero dovuto essere trasferite, insieme agli operai considerati "utili" allo sforzo bellico, presso altri ghetti dove avrebbero ripreso la produzione, principalmente lavori di sartoria per l'esercito.

A tal fine, tra febbraio e marzo, le autorità tedesche, in collaborazione con alcuni imprenditori della zona, cercarono di convincere i lavoratori ad uscire spontaneamente dal ghetto. Queste pressioni non ebbero però successo, anzi, fecero confluire molti operai nelle file dei movimenti di resistenza armata.

Nel frattempo, all'interno del ghetto, gli abitanti si prepararono a quella che avevano ormai capito sarebbe stata l'ultima battaglia. Migliaia di bunker vennero scavati sotto le case, molti collegati tra loro attraverso le condotte di scarico e collegati al sistema idrico ed elettrico. In alcuni casi i bunker erano inoltre collegati a tunnel che portavano all'esterno del ghetto, in zone sicure della città di Varsavia.

Il supporto della resistenza esterna al ghetto fu limitato, ma vennero inoltre tentati due attentati dinamitardi contro le mura del ghetto, che però non sortirono nessun effetto.

La battaglia finale si scatenò nel periodo del Pesach, la Pasqua ebraica, il 19 aprile 1943. I tedeschi inviarono all'interno del ghetto una forza di 2.054 soldati, tra i quali 821 appartenenti all'élite delle Waffen-SS e 363 poliziotti polacchi. I difensori li accolsero con un fuoco di armi leggere e lancio di granate lanciate dalle finestre dei piani più alti dei palazzi. I tedeschi reagirono cannoneggiando tutte le case ed incendiandole. Gli incendi produssero presto una grave carenza d'ossigeno all'interno dei bunker sotterranei che si trasformarono in una mortale trappola soffocante.

La resistenza significativa cessò il 23 aprile e la rivolta venne ufficialmente considerata risolta il 13 maggio, quando il comandante tedesco, Jürgen Stroop, per celebrare il successo, ordinò di radere al suolo la Grande Sinagoga di Varsavia. Nonostante questo, per tutta l'estate del 1943 dal ghetto continuarono a provenire sporadici colpi ad opera degli ultimi difensori.

Durante i combattimenti persero la vita circa 7.000 ebrei ed ulteriori 6.000 morirono bruciati nelle case in fiamme o soffocati all'interno dei bunker sotterranei. I rimanenti 50.000 abitanti vennero deportati presso diversi campi di sterminio, per la maggior parte presso il campo di Treblinka. I tedeschi persero circa 300 uomini tra soldati e collaboratori polacchi.

Terminata la rivolta, il ghetto venne demolito con la distruzione della maggior parte delle case superstiti e divenne il punto per le esecuzioni di prigionieri ed ostaggi polacchi. Successivamente sulle rovine del ghetto venne costruito il campo di concentramento KL Warschau. Durante la successiva insurrezione di Varsavia del 1944, un battaglione dell'Armia Krajowa riusci a salvare circa 380 ebrei dalle prigioni di Gęsiówka e Pawiak, molti dei quali entrarono immediatamente a far parte dell'unità.
Per approfondire:  Il ghetto di Varsavia lotta.
di Marek Edelman, ed. Giuntina






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